Ormai da qualche mese la rete è stata inondata da una marea di articoli a proposito della famosa figura dell’influencer, e mentre qualche stizzito afferma che gli influencer non esistono e qualcun’ altro li paragona a quei molto spesso ignoranti opinionisti tipici della televisione, le aziende si rivolgono sempre di più a questi blogger considerandoli le chiavi per il successo nel nuovo marketing online. Tra gli eventi più recenti, l’iniziativa #meetFs di Trenitalia ha senza dubbio fatto un bel pò di rumore, e se la maggior parte degli addetti ai lavori ha considerato l’inizativa un bel buco nell’acqua, l’occasione giusta per mostrare la propria completa insoddisfazione nei confronti del servizio offerto dalle Ferrovie dello Stato, qualcun’altro ha apprezzato il coraggio dell’azienda che si è completamente esposta, magari un pò ingenuamente, alle critiche velenose dei suoi clienti.
Tornando ai nostri influencer e volendo fortemente banalizzare la questione, ci sono due correnti di pensiero principali, la prima afferma che gli influencer non esistono e la seconda che il fenomeno prende sempre più piede e non va ignorato. I sostenitori della prima teoria sostengono che grazie alla democrazia dei contenuti dovuta alla rivoluzione digitale, ogni individuo ha il potere di dire la sua sul web ed inevitabilmente ognuno di noi ha un pubblico più o meno numeroso che ci segue, dagli amici su facebook ai followers di twitter. Dire che tutti siamo influencer è praticamente la stessa cosa che dire nessuno lo è. A sostenere l’importanza degli influencer invece, ci sono i dati, che vedono gli influencer battere con i numeri per popolarità moltissimi magazine prestigiosi online, e alcune teorie di comunicazione che vedono nell’influencer la risposta alla necessità di una personalizzazione del Web da parte degli utenti della rete, che avrebbero bisogno di una guida fatta di carne e ossa per aiutarli ad orientarsi nel caos della rete. Insomma influencer sarebbero quei giornalisti freelance, quegli esperti dell’IT, fashion addict, web designer e così via dicendo che hanno fatto di un blog e di un account twitter le loro armi.
Si perchè è proprio su twitter, che le aziende vanno a cercare la soluzione per porre rimedio a strategie di marketing inadeguate e troppo arretrate. Che piaccia o no, di sicuro il fenomeno dei social influencer non va trascurato, perchè la potenza dei social media è un dato di fatto e se c’è qualcuno che riesce a conquistare una visibilità maggiore, la cosa non va mai sottovalutata. É anche vero che avere 20 mila follower su twitter non vuol dire necessariamente essere un influencer: insomma non dovrebbe mai diventare una questione di numeri, ci si dovrebbe piuttosto concentrare sull’aspetto qualitativo della cosa. É proprio questo l’errore delle aziende che vanno a caccia di influencer, si concentrano sui numeri perdendo di vista la sostanza della questione. Altro errore imperdonabile delle aziende è il cercare di trasformare l’influencer in un testimonial di vecchio stampo, il che non va assolutamente daccordo con il concetto di influencer la cui autorevolezza si baserebbe proprio su un rapporto di fiducia con la propria comunità.
Per concludere, nell’attesa di conoscere gli sviluppi sul tema influencer, le aziende faranno meglio ad essere creative nel trovare nuovi modi per trarre vantaggio dal fenomeno del web del momento.
Giovanna Avino web writer freelance della piattaforma di lavoro freelance twago